Caro Dio,
Pensando a te, ritorno bambino, in un tempo con le stagioni ben definite, mi rivedo con le calze ruvide di pecora, entrare, durante la novena di Natale in una Chiesa immensa e fredda dove mi sentivo ancora più piccolo.
Io, povero con tanti fratelli e poche cose da mangiare, ma tanti peccati da confessare, tanti desideri da non soddisfare, alzavo lo sguardo verso l’occhio che ti rappresentava e sentivo tutto il timore dell’autorità e della potenza che da te emanava.
Forse non ti ho cercato, forse non mi hai cercato, forse non ti conoscevo, senz’altro i pensieri inquieti di allora non hanno contribuito a creare un ponte tra te e me.
Conosco però Gesù, il bambino che mettevo nel presepe e che veniva sulla Terra a portare la Pace “agli uomini di buona volontà” in seguito, per salvare lo stesso uomo, è poi morto.
Immagine che mi ha accompagnato per tutta la vita che mi ha costretto a rivederlo in ogni bambino maltrattato, malnutrito, triste, allegro, balordo, aggressivo, pacato, loquace, rompiscatole, irrequieto, debole, arrogante, malato, sano, povero e ricco.
Un saluto rispettoso e filiale.
Dino